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autore:Unknown
Format: epub
pubblicato: 2019-11-02T00:00:00+00:00


IV

Verso quell’epoca, un importante congresso di sociologia richiamava a Roma il conte Julius de Baraglioul. Forse non era propriamente convocato (avendo nei riguardi delle questioni sociali più convinzioni personali che vere competenze), ma si rallegrava di quest’occasione per la possibilità di entrare in contatto con qualche illustre luminare. E siccome Milano si trovava naturalmente sulla sua strada, Milano la città dove, come sappiamo, dietro il consiglio di padre Anselmo, erano andati a stabilirsi gli Armand-Dubois, ne avrebbe approfittato per rivedere un po’ suo cognato.

Il giorno stesso in cui Fleurissoire lasciava Pau, Julius suonava alla porta di Anthime.

Fu introdotto in un miserabile appartamento di tre stanze – se si può considerare stanza lo scuro sgabuzzino, dove Véronique stessa cucinava qualche legume, loro pasto di tutti i giorni. Un orribile riflettore di metallo rimandava livida la luce avara di un cortiletto; Julius, tenendo in mano il cappello che non osava posare sulla sospetta tela cerata che ricopriva un tavolo ovale, e restando in piedi per orrore della pegamoide delle sedie, afferrò le braccia di Anthime e gli gridò:

“Voi non potete restare qui, povero amico mio.”

“Di che cosa mi compiangete?” disse Anthime.

Al suono della sua voce era accorsa Véronique:

“Lo credereste, mio caro Julius, che lui non trova null’altro da dire davanti ai favoritismi e gli abusi di fiducia di cui ci vedete vittime?”

“Chi vi ha convinti a partire per Milano?”

“Padre Anselmo; in ogni modo non avremmo potuto tenere l’appartamento di via Lucina.”

“Che bisogno ne avevamo?” disse Anthime.

“Non è questo il punto. Padre Anselmo vi prometteva un compenso. Ha saputo della vostra miseria?”

“Finge d’ignorarla” disse Véronique.

“Bisogna che vi rivolgiate al vescovo di Tarbes.”

“È quello che Anthime ha fatto.”

“E che ha detto?”

“È un uomo eccellente; mi ha vivamente incoraggiato a persistere nella fede.”

“Ma da quando siete qui, non vi siete appellati a nessuno?”

“Ho cercato di vedere il cardinale Pazzi che mi aveva degnato della sua attenzione e a cui avevo scritto ultimamente; è passato da Milano, ma mi ha fatto dire dal cameriere...”

“Che una crisi di gotta lo costringeva malauguratamente a restare in camera” interruppe Véronique.

“Ma è abominevole! Bisogna avvertire Rampolla” gridò Julius.

“Avvertirlo di cosa, caro amico? È vero infatti che sono un poco in ristrettezze; ma di che cos’altro abbiamo mai bisogno? Vivevo nell’errore, ai tempi della mia prosperità; ero un peccatore; ero un malato. Ora, ecco, sono guarito. Un tempo avevate ragione a compiangermi. Lo sapete anche voi del resto: i falsi beni allontanano da Dio.”

“Ma comunque questi falsi beni vi sono dovuti. Sono d’accordo che la Chiesa v’insegni a disprezzarli, ma non che faccia sì che dobbiate privarvene.”

“Questo è parlare,” disse Véronique “con che sollievo vi ascolto, Julius. La sua rassegnazione mi fa ribollire; non c’è verso di indurlo a difendersi; si è lasciato spennare come un papero ringraziando oltre a tutto chi non voleva che arraffare, e arraffava in nome del Signore.”

“Véronique, m’è penoso sentirti parlare così; tutto quello che si fa in nome del Signore è ben fatto.”

“Se vi piace esser preso per un demente...”

“Che fa rima con penitente, innocente.”4

Allora



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